sabato 31 gennaio 2009

Fantascienza ed uso commerciale dello spazio

Da appassionato lettore di romanzi di fantascienza (in realtà leggo un po' di tutto, ma la fantascienza è il genere che forse mi rilassa di più), sono anche un assiduo frequentatore di bancarelle di libri usati.
Recentemente ho fatto incetta di vecchi numeri di Urania (circa una sessantina), che mi basteranno, spero, almeno per un anno.
Fra questi ho appena finito di leggere "La discesa di Anansi" di Larry Niven e Stephen Barnes (Urania, 1188 del 1992). Larry Niven è per inciso l'inventore del "Ringworld", di cui vi parlerò forse in un prossimo post.
Voglio ora invece riportare l'"incipit" del romanzo:

"Il 16 ottobre 1970, il consiglio di amministrazione della Comsat dichiarò un dividendo di 12,5 centesimi per azione. Ciò equivaleva a circa un milione di dollari, e rappresentava una pietra miliare: i primi soldi guadagnati dal pubblico tramite un'impresa spaziale.
La Comsat aveva impegato poco più di sei anni per ammortizzare la spesa iniziale ed ottenere dei dividendi da quell'operazione."

A volte ci si lamenta che l'uso commerciale dello spazio stenti a decollare, ma si sta effettivamente pensando ad industrie lunari o a bordo della stazione spaziale, per produrre nuovi materiali, circuiti a semiconduttore o nuovi farmaci.
In realtà lo spazio è già un lucroso "business": basti pensare ai cospicui guadagni che aziende di telecomunicazioni come Eutelsat riescono ad ottenere ogni anno.
Mancano ancora applicazioni commerciali di tipo più propriamente manufatturiero: evidentemente non siamo stati finora abbastanza creativi.

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