Insieme alla crescita dei sistemi basati su comunicazioni “wireless” cresce anche l’esigenza di minimizzare l’interferenza fra canali e sistemi operati in parallelo.
Una parte significativa di questa interferenza è creata dal battimento di segnali a diverse frequenze in componenti con caratteristiche non lineari, che genera segnali non voluti denominati prodotti d’intermodulazione.
Fra questi prodotti d’intermodulazione ci sono anche le cosiddette intermodulazioni passive.
Le intermodulazioni passive (in inglese: Passive InterModulations, PIM) si generano quando due o più segnali sono contemporaneamente presenti in un dispositivo passivo (cavo coassiale, connettore, switch, etc.) che presenta un comportamento non lineare.
I prodotti d’intermodulazione passivi possono essere particolarmente dannosi in sistemi di comunicazione nei quali la differenza fra potenza trasmessa e potenza ricevuta è molto grande, come è tipicamente il caso nelle stazioni base della rete GSM ovvero a bordo dei satelliti. Anche nelle comunicazioni amatoriali, tuttavia, si presentano spesso situazioni di grave interferenza dovute a fenomeni più o meno complessi di intermodulazione in componenti passivi.
Le caratteristiche lineari sono un modello matematico più che una realtà fisica riscontrabile in pratica: qualunque dispositivo, attivo o passivo che sia, in determinate condizioni di lavoro (generalmente, oltre un certo livello di potenza RF) presenta caratteristiche non lineari, comportandosi cioè come un mixer a semiconduttori.
Un mixer lavora con almeno due segnali ai suoi ingressi: il segnale d’oscillatore locale (LO) e il segnale RF in ingresso. All’uscita del mixer si hanno tutte le armoniche dei due segnali nonché tutti i possibili prodotti di battimento, circostanza che possiamo matematicamente riassumere con la formula:
± j * fRF ± k * fLO
con j e k pari a 0,1, 2, 3, 4 ….. (quando l’indice di uno dei due segnali è uguale a zero, si ottengono le armoniche dell’altro segnale).
Il numero di segnali prodotti è virtualmente infinito, anche se alcuni sono troppo bassi per essere misurati ed altri sono molto lontani dalla banda IF e non sono quindi dannosi. I prodotti d’intermodulazione più dannosi sono quelli cosiddetti del terzo ordine (2 * fRF - fLO e 2 * fLO - fRF) perché cadono spesso in banda ed hanno un livello più alto (i livelli dei prodotti d’intermodulazione decrescono generalmente al crescere dell’ordine) (figure 1 e 2).
Figura 1: ordine dei prodotti d’intermodulazione
Figura 2: “l’albero di Natale” delle intermodulazioni prodotte da due portanti
I dispositivi a semiconduttore, come diodi e transistor, sono quelli che meglio si prestano alla realizzazione di circuiti nei quali il comportamento non lineare è voluto ed esaltato (mixer, moltiplicatori di frequenza, generatori di armoniche); da componenti passivi, quali cavi coassiali, filtri o antenne, non ci si aspetterebbe di avere problemi d’intermodulazione. Nella pratica, i prodotti d’intermodulazione passivi sono molto più deboli di quelli generati in un diodo semiconduttore, ma, proprio perché non previsti e provenienti da componenti a volte insospettabili, sono molto pericolosi.
Nei componenti passivi la non linearità può avere differenti cause: il contatto fra metalli diversi (coppia voltaica), la presenza di uno strato di ossidazione o semplicemente di sporcizia, la presenza di materiali magnetici. In genere, poi, tutti questi effetti sono esaltati da eventuali falsi contatti o da contatti in cui la pressione fra le superfici non è sufficientemente alta (ad esempio, nei connettori).
Non si deve pensare che le intermodulazioni passive siano un potenziale problema solo in sistemi multiportante e che quindi non interessino, per esempio, i radioamatori (i quali, tipicamente, trasmettono su portante singola). La situazione in figura 3 descrive il caso in cui due ricetrasmettitori distinti (per esempio, due radioamatori) si trovino in prossimità di una sorgente di intermodulazione passiva (nella figura, una giunzione fra metalli). I prodotti d’intermodulazione generati potranno disturbare il canale ricevente di uno o entrambi i ricetrasmettitori, ovvero un terzo ricevitore a frequenza completamente differente (ad esempio, il televisore di un vicino).
Figura 3: interferenza (RFI) generata da fenomeni d’intermodulazione passiva
Sorgenti tipiche di intermodulazioni passive
Come già detto, ogni deviazione dalla linearità in un circuito, cioè quando la tensione non è esattamente proporzionale alla corrente ovvero la potenza d’uscita non è esattamente proporzionale a quella d’ingresso, provocherà la generazione di intermodulazioni. Nei circuiti passivi, tra le possibili cause di non linearità e conseguente intermodulazione le due cause più comuni sono i contatti imperfetti alla giunzione fra conduttori e la presenza di materiali ferromagnetici.
La catena trasmissiva all’uscita del trasmettitore può essere costituita da vari componenti in cascata, come cavi coassiali, connettori, filtri nonché l’antenna stessa. Ogni componente può essere a sua volta composto di vari elementi, per cui è molto elevato il numero di giunzioni metalliche attraversate dal segnale RF.
Le parti metalliche sono generalmente ricoperte da un seppur sottile (meno un millesimo di millimetro) strato superficiale di ossido, che agisce spesso come un isolante. Gli elettroni, accelerati dal campo a radiofrequenza, riescono tuttavia a superare questo microscopico strato isolante, secondo un fenomeno fisico noto come effetto “tunnel”. Peccato però che l’effetto “tunnel” sia un processo non lineare (non a caso esiste un diodo chiamato “tunnel”) e che quindi ad esso si associ la generazione di intermodulazioni. E’ il fenomeno noto come “rusty-bolt effect”, cioè “effetto del bullone arrugginito”.
Il problema è accentuato dal fatto che a livello microscopico il contatto fra due superfici metalliche non è continuo, ma piuttosto concentrato su un numero limitato di punti di contatto, attraverso i quali scorrono correnti molto elevate, con associati fenomeni di scarica “a valanga” (figura 4).
Figura 4: giunzione metallo-metallo
L’altra causa tipica di intermodulazioni passive è la presenza di materiali ferromagnetici, quali il ferro, l’acciaio, il cobalto o il nichel. In questo caso la non linearità deriva dall’isteresi magnetica che caratterizza questi materiali. In altre parole, questi materiali, se sottoposti a campi magnetici abbastanza alti, “saturano” e mantengono il loro stato di saturazione anche rimuovendo in parte il campo magnetico esterno. Presentano, per così dire, un effetto di “memoria”. Questo comportamento è tutto meno che lineare e genera quindi, come abbiamo ormai ben capito, prodotti di intermodulazione.
(H è il campo magnetico esterno applicato, B è l’induzione magnetica)
Compreso il fenomeno ed identificate le sue possibili cause, la prevenzione o soluzione del problema, sebbene a volte molto laboriosa, è a portata di mano.
Le intermodulazioni generate da contatti cattivi, ossidati o sporchi possono essere ridotte curando la pulizia dei contatti stessi, assicurando che le eventuali argentature o dorature siano di spessore appropriato (per ridurre l’effetto “tunnel”) e soprattutto aumentando la pressione di contatto fra i due materiali (ad esempio, stringendo bene eventuali viti o bulloni). Dove possibile una buona saldatura è comunque preferibile ad un contatto meccanico.
Nella scelta dei cavi coassiali si devono preferire ove possibile quelli professionali, costituiti da un singolo conduttore interno e da un singolo conduttore esterno. Le eventuali calze metalliche dovranno almeno essere di ottima qualità e dotate di adeguata argentatura. Nell’intestare i cavi, sarà poi preferibile saldare i connettori piuttosto che “crimparli”.
Abbiamo infine già discusso la necessità di evitare materiali ferromagnetici, quali ferro, acciaio inox, cobalto e nichel. Al loro posto si preferiranno materiali quali il rame, l’argento, l’oro, l’ottone, il rame al berillio ed il bronzo fosforoso.
1 commento:
Ciao Marco
Argomento molto interessante ed aggiungo "sconosciuto" alla maggior parte dei tecnici, radioamatori ecc..
Il mio pane quotidiano....
La conoscenza del fenomeno ma soprattutto la sua misura e controllo, quindi tecniche di riduzione ed eliminazione dei PIM e norme progettuali per contenerli e controllarli, sono un mondo a parte.
Nel nostro settore si dice che "Chi fa test di intermodulazione passiva deve essere un pò squilibrato.....non c'e' nulla di scontato....sai quando inizi ma non sai quando finisci".
Dopo anni ed anni di intermodulazione passiva posso dire che e' proprio cosi!!
Ciao
IZ0HAK
Giampaolo Piccinini
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