Un doveroso ringraziamento ai nostri "ispiratori"

Si sente a volte la necessità (direi quasi il dovere) di condividere le proprie esperienze, conoscenze e passioni.
Nell'ambito della scienza e della tecnica si è sempre ben consci della propria ignoranza, ma si avverte al tempo stesso l'importanza di comunicare quanto si conosce agli altri, soprattutto ai più giovani e meno esperti.
La cosa più importante poi non risiede in quelle poche schegge di esperienza che si riescono a condividere, quanto nella passione che ci ha permesso di acquisirle.
Trasmettere una scintilla di quella passione è tanto difficile quanto fondamentale.
Ognuno di noi ha avuto uno o più ispiratori che ci hanno istradato lungo il cammino di un "hobby" o di una professione.
Io dovrei ricordare l'amico conosciuto al mare che mi disegnò su un foglio di carta da lettera (che ancora conservo) lo schema e le istruzioni per costruire la mia prima radio "a galena" (in realtà utilizzava un bel diodo al germanio OA81 che ancora conservo gelosamente) e tanti, tanti altri, amici, conoscenti e colleghi, che hanno segnato la mia vita fornendomi idee ed ispirazione.

Non posso tuttavia non menzionare particolarmente un signore che, pur non avendolo io mai incontrato, ha influenzato più di tutti la mia vita e che rimane tuttora un riferimento ed un modello ideali: Guglielmo Marconi.

Guglielmo Marconi, padre della radio e primo radioamatore

Guglielmo Marconi, padre della radio e primo radioamatore

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domenica 10 ottobre 2010

Orologi atomici, stazioni campione e tempo universale

Il tempo e la sua misurazione

La determinazione e la misurazione accurata del tempo sono alla base della nostra civiltà tecnologica. I maggiori progressi in questo campo si sono avuti nel secolo scorso, con l’invenzione dell’oscillatore a cristallo di quarzo nel 1920 e dei primi orologi atomici negli anni ’40.
Oggigiorno la misura del tempo è di gran lunga la più accurata fra le misure delle altre grandezze fisiche fondamentali. La stessa unità di misura delle lunghezze, una volta basata sul “mitico” metro campione di Platino-Iridio conservato a Parigi, è stata internazionalmente ridefinita nel 1983 come “la lunghezza del percorso coperto dalla luce nel vuoto durante un intervallo di tempo pari a 1/299792458 di secondo”.
La storia della misura del tempo è in realtà vecchia quanto la storia della civiltà umana. Già nel 3500 avanti Cristo gli antichi egizi inventarono la meridiana solare ed eressero in tutto il loro paese obelischi in pietra che avevano lo scopo primario di segnare con la loro ombra il movimento del sole e, quindi, lo scorrere del tempo.
Maya ed Aztechi, nell’America precolombiana, svilupparono calendari accurati basati su complesse osservazioni astronomiche. E nell’Inghilterra preistorica, il monumento megalitico di Stonehenge sembra essere stato un sofisticato osservatorio astronomico per determinare la durata delle stagioni e la data degli equinozi.
Una pietra miliare nella storia della misura del tempo fu, in tempi più recenti, la scoperta di Galileo, nel 1583, della costanza del periodo di oscillazione del pendolo, sulla quale si basano tutti gli orologi meccanici. Nel 1656 Christiaan Huygens, matematico, astronomo e fisico olandese (famoso fra l’altro per aver definito il principio sulla diffrazione che porta il suo nome), progettò il primo orologio a pendolo con carica a peso, che scartava di ben dieci minuti al giorno.
Ma il maggiore impulso allo sviluppo di tecniche sempre più accurate per misurare il tempo derivò dalla necessità di determinare la propria posizione (in particolare la longitudine) a bordo di una nave in mare aperto. Mentre per determinare la propria latitudine era sufficiente un sestante con il quale determinare l’altezza del sole a mezzogiorno, la determinazione della longitudine, a causa della rotazione terrestre, richiedeva l’uso sia del sestante che di un orologio molto preciso. Proprio la mancanza di orologi sufficientemente accurati creò innumerevoli problemi (a volte, dei veri e propri disastri) ai naviganti del XV e XVI secolo.
Il problema divenne così serio che nel XVII secolo gli inglesi formarono un gruppo di noti scienziati per studiarne la soluzione. Il gruppo offrì ventimila sterline, equivalenti a due milioni di dollari di oggi, a chiunque potesse trovare il modo di determinare la longitudine di una nave in mare aperto con un’accuratezza di trenta miglia nautiche.
La trovata ebbe successo. Nel 1761, infatti, un artigiano inglese di nome John Harrison costruì uno speciale orologio meccanico da imbarcare a bordo delle navi, chiamato cronometro marino, in grado di perdere o guadagnare non più di un secondo al giorno (un’accuratezza incredibile per quel tempo) (figura 1).
E fu proprio grazie ad una copia del cronometro di Harrison che il capitano James Cook compì le sue leggendarie esplorazioni della Polinesia e delle isole del Pacifico.

L’unità di misura del tempo

Il secondo (simbolo s) è l’unità di misura ufficiale del tempo nel Sistema Internazionale di Unità (SI). Il suo nome deriva semplicemente dall’essere la seconda divisione dell’ora, mentre il minuto ne è la prima. Il secondo era originariamente definito come la 86400-esima parte del giorno solare medio, cioè della media sulla base di un anno del giorno solare, inteso come intervallo di tempo che intercorre tra due successivi passaggi del Sole sullo stesso meridiano.
Nel 1884 fu ufficialmente stabilito come standard di tempo a livello internazionale il Greenwich Mean Time (GMT), definito come il tempo solare medio al meridiano che passa per l’Osservatorio Reale di Greenwich (Inghilterra).
Dal GMT si calcola il tempo in ciascuna delle 24 zone (fusi orari) nelle quali è stata suddivisa la superficie terrestre. Il tempo diminuisce di un’ora per ciascuna zona ad ovest di Greenwich, aumenta di un’ora andando verso est. Il tempo GMT viene anche definito come tempo “Z”, o, nell’alfabeto fonetico, tempo “zulu” (“zulu time”).
Lo standard di tempo alla base della definizione di GMT fu mantenuto finché gli astronomi non scoprirono che il giorno solare medio non era in realtà costante, a causa del lento (ma continuo) rallentamento della rotazione della Terra intorno al suo asse. Questo fenomeno è essenzialmente legato all’azione frenante delle maree. Si decise allora di riferire il giorno solare medio ad una specifica data, quella del 1° gennaio 1900. Questa soluzione era assai poco pratica, visto che non è possibile tornare indietro nel tempo e misurare la durata di quel particolare giorno.
Nel 1967 è stata proposta una nuova definizione del secondo, basata sul moto di precessione dell’isotopo 133 del Cesio. Il secondo è ora definito come intervallo di tempo pari a 9192631770 cicli della vibrazione dell’atomo di Cesio 133. Questa definizione permette agli scienziati ovunque nel mondo di ricostruire la durata del secondo con uguale precisione. Il primo orologio atomico fu sviluppato nel 1949 ed era basato su una linea di assorbimento della molecola di ammoniaca. L’orologio al Cesio, sviluppato presso il “mitico” NIST (National Institute of Standars and Technology) di Boulder, in Colorado, è in grado di segnare il tempo con un’accuratezza migliore di un secondo in sei milioni di anni. E’ stata proprio l’estrema accuratezza degli orologi atomici a far adottare il tempo atomico come riferimento ufficiale a livello mondiale. Si è però indirettamente generato un nuovo problema: quello della discrepanza fra riferimento internazionale di tempo, basato come detto sugli orologi atomici, e tempo solare medio. Un anno solare medio aumenta di circa 0,8 secondi per ogni secolo (cioè circa un’ora ogni 450000 anni). Di conseguenza, il tempo universale accumula un ritardo di circa 1 secondo ogni 500 giorni rispetto al tempo atomico internazionale. Questo significa che i nostri lontani pronipoti, in un futuro lontano appena 50 mila anni da oggi, leggerebbero sui loro orologi atomici “mezzogiorno”, pur trovandosi in realtà nel bel mezzo della notte. Per ovviare a questo ed a molti altri più seri inconvenienti, si è introdotto, nel 1972, il concetto di Universal Coordinated Time (UTC), che ha definitivamente sostituito il tempo GMT.
Nel breve periodo, il tempo UTC è essenzialmente coincidente con il tempo atomico (detto Tempo Atomico Internazionale, o TAI); quando la differenza fra UTC e TAI si avvicina ad un secondo (ciò avviene circa ogni 500 giorni), viene artificialmente inserito (cioè, a seconda dei casi, sottratto o aggiunto) nel tempo UTC un secondo fittizio, detto “leap second” (“leap” in inglese vuol dire “salto”). In questo modo le due scale di tempo, TAI ed UTC, vengono mantenute entro una discrepanza massima di 0,9 secondi.
In conclusione, il tempo UTC, definito dallo storico Bureau International des Poids et Mesures (BIPM) di Sevres (Parigi), è dal 1972 la base legale della misura del tempo a livello mondiale. Esso viene derivato dal TAI, dal quale differisce solamente per un numero intero di secondi (al momento 32). Il TAI è a sua volta calcolato dal BIPM a partire dai dati di più di 200 orologi atomici situati negli istituti di metrologia di più di 30 paesi (uno di essi, in Italia, è il prestigioso Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris di Torino, ora INRIM, Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica).

(continua)