Un doveroso ringraziamento ai nostri "ispiratori"

Si sente a volte la necessità (direi quasi il dovere) di condividere le proprie esperienze, conoscenze e passioni.
Nell'ambito della scienza e della tecnica si è sempre ben consci della propria ignoranza, ma si avverte al tempo stesso l'importanza di comunicare quanto si conosce agli altri, soprattutto ai più giovani e meno esperti.
La cosa più importante poi non risiede in quelle poche schegge di esperienza che si riescono a condividere, quanto nella passione che ci ha permesso di acquisirle.
Trasmettere una scintilla di quella passione è tanto difficile quanto fondamentale.
Ognuno di noi ha avuto uno o più ispiratori che ci hanno istradato lungo il cammino di un "hobby" o di una professione.
Io dovrei ricordare l'amico conosciuto al mare che mi disegnò su un foglio di carta da lettera (che ancora conservo) lo schema e le istruzioni per costruire la mia prima radio "a galena" (in realtà utilizzava un bel diodo al germanio OA81 che ancora conservo gelosamente) e tanti, tanti altri, amici, conoscenti e colleghi, che hanno segnato la mia vita fornendomi idee ed ispirazione.

Non posso tuttavia non menzionare particolarmente un signore che, pur non avendolo io mai incontrato, ha influenzato più di tutti la mia vita e che rimane tuttora un riferimento ed un modello ideali: Guglielmo Marconi.

Guglielmo Marconi, padre della radio e primo radioamatore

Guglielmo Marconi, padre della radio e primo radioamatore

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giovedì 9 giugno 2011

Sputnik-1 e la nascita della navigazione spaziale

4 ottobre 1957: alle ore 19.28:34 GMT un razzo russo si staccava da una rampa di lancio nel cosmodromo di Baikonour.
5 minuti e 24 secondi dopo, Sputnik 1 si separò dallo stadio finale per diventare il primo satellite artificiale della Terra.
L’Era Spaziale era cominciata.



1. Introduzione
La tecnologia spaziale è entrata talmente nel nostro vivere quotidiano (dalle parabole per la ricezione della televisione satellitare ai navigatori satellitari ormai presenti in molte delle nostre autovetture) che ci siamo completamente assuefatti ad essa: non ci sorprende più, non fa notizia. E ci dimentichiamo che, se oggi diamo per scontati i viaggi su Marte e le foto da satellite su Internet, questo lo dobbiamo all’entusiasmo ed all’ingegno di migliaia di tecnici, ingegneri e scienziati.
Nel giro di una dozzina di anni, dal 1957 al 1969, si ebbe, pur se sotto la sferza di una competizione ideologica e politica senza quartiere, un’evoluzione tecnica e scientifica senza precedenti, dei cui positivi risultati ancora ci avvantaggiamo a distanza di mezzo secolo. Fino al 4 ottobre 1957 l’umanità non era riuscita ad allontanarsi più di cento chilometri dalla superficie del pianeta; meno di dodici anni dopo, il primo uomo posava il piede sul suolo della Luna.
Ed al di là delle strategie politiche e militari dei loro governanti, tecnici, ingegneri, scienziati e, successivamente, astronauti, furono animati da quello stesso spirito che spinse nel 1492 un navigatore geniale ed intrepido ad affrontare le acque dell’oceano alla ricerca di un continente sconosciuto.

2. Una competizione “scientifica”
Tutto cominciò apparentemente come una competizione scientifica: nell’agosto del 1955 alcuni scienziati sovietici, durante un congresso astronomico internazionale a Copenhagen, avevano annunciato che durante l’Anno Geofisico Internazionale (la cui durata era stato fissata in effetti dal primo luglio 1957 al 31 dicembre 1958, in corrispondenza del massimo di attività del ciclo undecennale del Sole) l’Unione Sovietica avrebbe lanciato un manufatto umano in orbita intorno alla Terra. Neanche a farlo apposta, il presidente americano aveva rilasciato un’analoga dichiarazione qualche giorno prima (il programma del primo satellite americano si sarebbe poi chiamato Vanguard).
I sovietici si stavano di fatto preparando già da alcuni anni. Nel 1951 infatti era cominciato il programma per sviluppare lanciatori in grado tanto di mettere un satellite artificiale in orbita quanto di spedire una bomba atomica in un altro continente. Il gruppo di tecnici ed ingegneri russi era diretto da Sergey P. Korolev, la cui identità fu rivelata al pubblico ed alla storia solo dopo la sua morte, avvenuta nel 1966 (Korolev è anche noto per aver concepito il lanciatore Soyuz, cavallo di battaglia delle missioni spaziali russe, tuttora in uso).



Nel 1954 il primo missile balistico intercontinentale sovietico, “Raketa-7” o “R-7”, era pronto (“Raketa” in russo significa appunto missile).
Il Raketa-7 non era un razzo multistadio, ma aveva quattro “booster” laterali, montati intorno ad un motore centrale. Tutti e cinque i motori erano a propellente liquido. Il Raketa-7 utilizzato per lo Sputnik-1 era alto poco più di 27 metri ed il suo peso al lancio era di 280 tonnellate.