Un doveroso ringraziamento ai nostri "ispiratori"

Si sente a volte la necessità (direi quasi il dovere) di condividere le proprie esperienze, conoscenze e passioni.
Nell'ambito della scienza e della tecnica si è sempre ben consci della propria ignoranza, ma si avverte al tempo stesso l'importanza di comunicare quanto si conosce agli altri, soprattutto ai più giovani e meno esperti.
La cosa più importante poi non risiede in quelle poche schegge di esperienza che si riescono a condividere, quanto nella passione che ci ha permesso di acquisirle.
Trasmettere una scintilla di quella passione è tanto difficile quanto fondamentale.
Ognuno di noi ha avuto uno o più ispiratori che ci hanno istradato lungo il cammino di un "hobby" o di una professione.
Io dovrei ricordare l'amico conosciuto al mare che mi disegnò su un foglio di carta da lettera (che ancora conservo) lo schema e le istruzioni per costruire la mia prima radio "a galena" (in realtà utilizzava un bel diodo al germanio OA81 che ancora conservo gelosamente) e tanti, tanti altri, amici, conoscenti e colleghi, che hanno segnato la mia vita fornendomi idee ed ispirazione.

Non posso tuttavia non menzionare particolarmente un signore che, pur non avendolo io mai incontrato, ha influenzato più di tutti la mia vita e che rimane tuttora un riferimento ed un modello ideali: Guglielmo Marconi.

Guglielmo Marconi, padre della radio e primo radioamatore

Guglielmo Marconi, padre della radio e primo radioamatore

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sabato 20 dicembre 2008

Anatomia di un satellite

Il primo satellite artificiale ad orbitare nello spazio fu lo Sputnik I, lanciato il 4 ottbre 1957 dall’Unione Sovietica. Lo Sputnik era una sfera con un diametro di 58 centimetri e pesava 84 chilogrammi (figura 1). Il suo “bip-bip”, trasmesso sulle frequenze di 20,005 e 40,010 MHz, fu ascoltato da migliaia di radioamatori ed SWL in tutto il mondo. L’era spaziale era cominciata.


Figura 1: Sputnik I, il primo saterllite artificiale

L’era delle comunicazioni spaziali ha però avuto effettivo inizio solo nel 1962, con il lancio del satellite NASA Telstar; questo fu presto seguito dal primo satellite geostazionario per telecomunicazioni commerciali, Early Bird, anche noto come Intelsat I (figura 2).

Figura 2: il primo satellite per telecomunicazioni, Intelsat I (“Early Bird”)

L’infrastruttura delle comunicazioni spaziali cominciò come complemento delle reti terrestri esistenti (per esempio, la rete telefonica o “Public Switched Telephone Network”, PSTN), consistendo principalmente di ripetitori trasparenti (in inglese “bent pipe”, cioè “cavo ripiegato”) che facevano da ponti radio nello spazio trasmettendo voce e dati fra due punti sulla Terra (figura 3).


Figura 3: il satellite è un ponte radio nello spazio

In seguito, queste applicazioni punto-punto (“trunking”) sarebbero state in gran parte soppiantate dalla distribuzione TV e dalla distribuzione diretta di servizi televisivi (“direct-to-home”, DTH).
All’inizio di questa esaltante epopea resta comunque il satellite artificiale, nelle sue varie realizzazioni. Ma che cos’è e come è fatto un satellite artificiale?
In generale, un satellite è un qualunque oggetto che, soggetto alle leggi della fisica newtoniana, orbiti intorno ad un corpo celeste. Ad esempio, la Luna è un satellite della Terra, e la Terra è un satellite del Sole.
In particolare, a noi interessano quegli oggetti fabbricati dall’uomo e che dall’uomo vengono posti in orbita intorno alla Terra, chiamati satelliti artificiali (figura 4).


Figura 4: un tipico satellite per applicazioni commerciali


Ciascuno di questi satelliti è composto di molte parti, che variano a seconda del tipo di applicazione e dell’orbita. Due elementi sono tuttavia comuni a tutti i satelliti e sono chiamati “carico utile” (“payload”) e carrozza (“bus”) (figura5).

Figura 5: gli elementi della carrozza e del carico utile

Il carico utile è l’insieme di tutti gli equipaggiamenti che il satellite necessita per svolgere le sue funzioni. Esso può includere antenne, fotocamere, radar e apparati elettronici. Il carico utile è tipico per ciascun satellite. Per esempio, il carico utile di un satellite meteorologico include fotocamere dotate di telescopi per ottenere immagini delle formazioni nuvolose, mentre il carico utile di un satellite per comunicazioni include antenne di grandi dimensioni per trasmettere segnali telefonici o TV verso la Terra.
Il carico utile di un satellite per telecomunicazioni viene detto ripetitore (“repeater”) o transponditore (“transponder”). I due termini derivano dall’analogia con i ponti radio terrestri. L’architettura di un ripetitore per satellite è di fatto identica a quella di un ripetitore per ponte radio. Nella sua versione più essenziale, essa si compone di un’antenna ad alto guadagno, che riceve il segnale trasmesso da una stazione terrestre; di un amplificatore a basso livello di rumore (“Low Noise Amplifier”, LNA); di un convertitore di frequenza (normalmente la frequenza di ricezione è maggiore di quella di trasmissione, quindi si parla di un “down-converter”); di un amplificatore di potenza (spesso preceduto da un amplificatore pilota o “driver”) e di un’antenna ad alto guadagno in trasmissione.
E’ bene a questo punto ricordare che i collegamenti tra satellite e terra avvengono normalmente nelle bande di frequenza comprese tra 1 e 30 GHz (anche se alcuni satelliti radioamatoriali operano già a 30 MHz e per contro molti satelliti militari raggiungono i 44GHz). Frequenze inferiori ai 30 MHz non sarebbero in grado di “perforare” la ionosfera (quella stessa ionosfera che tanto invece ci è utile nelle comunicazioni terrestri a lunga distanza) e risulterebbero quindi assai poco praticabili.
Alcuni satelliti imbarcano transponditori operanti a varie frequenze. La figura 6, ad esempio, mostra la configurazione del satellite per telecomunicazioni Artemis, realizzato dall’Alenia Spazio per conto dell’Agenzia Spaziale Europea; questo satellite utilizza la banda L (1,5 GHz), la banda S (2,5 GHz), la banda Ka (20 – 30 GHz) ed opera persino un terminale sperimentale per comunicazioni ottiche.


Figura 6: il satellite per telecomunicazioni Artemis

La carrozza è quella parte del satellite che porta il carico utile e tutti i suoi apparati nello spazio. Ha il compito di tenere strutturalmente unite tutte le parti del satellite e di provvedere energia elettrica, elaborazione dati e propulsione. La carrozza contiene anche apparati che permettono al satellite di comunicare dati con le stazioni di controllo terrestri. I dati trasmessi dalla carrozza verso Terra riguardano lo stato lo stato di salute dei vari apparati a bordo e sono detti “telemetrie”. I dati ricevuti da Terra riguardano invece comandi impartiti dalle stazioni di controllo, e sono quindi detti “telecomandi”.
La struttura di una carrozza è un’intelaiatura meccanica realizzata in metallo (di solito alluminio) oppure con materiali avanzati (plastiche speciali e fibra di carbonio). La struttura deve essere abbastanza resistente da sopravvivere indenne alle terribili accelerazioni subite dal satellite al lancio. E’ la struttura inoltre che scherma gli apparati elettronici dalle particelle atomiche e dai raggi cosmici, oltre che da eventuali interferenze elettromagnetiche (RFI).
Sulla struttura sono montati i vari sottosistemi della carrozza: oltre al già citato sottosistema T&C (Telemetria e Comando), i sottosistemi Controllo Termico, Potenza, Controllo di Assetto e di Orbita, Propulsione e Processamento Dati.
Il Controllo Termico svolge l’importante funzione di mantenere la temperatura del satellite entro limiti accettabili. Un satellite in orbita è esposto a temperature estreme: dai meno 120 gradi della parte in ombra ai 180 gradi sopra lo zero della parte esposta al sole, un’escursione termica di 300 (o più) gradi centigradi. Questo sottosistema utilizza riscaldatori (controllo attivo) e vernici, superfici riflettenti, “coperte termiche” (strati di materiale altamente riflettente ed isolante) per mantenere la temperatura degli apparati elettronici entro un’escursione più contenuta (tipicamente da - 20 a +50 gradi centigradi).
Il sottosistema Potenza è composto dei pannelli di celle solari (“Solar Arrays”), delle batterie di accumulatori, degli alimentatori a commutazione (“DC-DC Converters”) e della rete di distribuzione (“Power Bus”). L’energia solare, convertita in elettricità dalle celle fotovoltaiche, è la sorgente primaria di potenza a bordo di un satellite. Raramente, per missioni di esplorazione planetaria, vengono usati generatori nucleari, basati sull’effetto termoelettrico (conversione diretta di calore in elettricità in una termocoppia).
Il sottosistema Controllo di Assetto e di Orbita ha il compito di mantenere le antenne ed i pannelli solari del satellite orientati nella giusta direzione e di mantenere il satellite stesso sulla giusta orbita, compensando eventuali perturbazioni.
Il sottosistema Propulsione si occupa dell’iniezione del satellite nella sua orbita finale (attraverso il cosiddetto motore d’apogeo) e dell’esecuzione delle manovre necessarie per mantenere il satellite nel giusto assetto e sulla corretta orbita. E’ costituito di un serbatoio (“tank”) di propellente liquido (normalmente, Idrazina), di una rete idraulica per la distribuzione dello stesso e di vari motori (“thrusters”), in grado di “bruciare” ed espellere piccole quantità, accuratamente controllate, di propellente.
Ultimo, ma non in termini d’importanza (come dicono gli inglesi, “last, but not least”), il sottosistema Processamento Dati. Questo è un po’ il cervello di tutto il satellite. E’ composto di un computer centrale, di una serie di programmi software molto complessi e di varie unità d’interfaccia verso gli altri sottosistemi del satellite.

Figura 7: uno dei satelliti della costellazione Globalstar


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